martedì 9 gennaio 2018

Sacchetti di plastica biodegradabile nei supermercati: quello che c'è da sapere

Se negli ultimi giorni avete frequentato i social o i telegiornali, di polemiche su come imbustare gli ortaggi al supermercato ne avrete ormai i sacchetti pieni. Eppure, anche in questa
"generosa" abbondanza di informazioni alcune questioni rimangono fumose: che cosa prevede, esattamente, la legge entrata in vigore il 1° gennaio? C'è differenza tra bioplastiche e plastiche biodegradabili? Con che cosa sono fatti questi prodotti? Che cosa c'entra il compostaggio? Per davvero questo impopolare provvedimento avrà un effetto positivo sulle maree di plastica che soffocano gli oceani? Sono tante domande: cerchiamo di fare un po' di ordine.

CHE COSA DICE LA LEGGE? La nuova legge, approvata lo scorso agosto ed entrata in vigore il 1° gennaio 2018, prevede che i sacchetti di plastica ultraleggera, con spessore della singola parete inferiore a 15 micron (0,015 millimetri: vedi anche La scala delle cose) utilizzati nei supermercati per imbustare frutta, verdura o altri alimenti freschi sfusi, devono essere biodegradabili, compostabili e certificati, con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40%.

La legge, che recepisce una precedente direttiva europea sulla riduzione dell'utilizzo di plastica ultraleggera, impone agli esercenti di utilizzare soltanto buste con quelle precise caratteristiche al posto dei normali sacchetti - che vengono gettati più spesso e sono, anche per questo motivo, tra i principali responsabili dell'inquinamento dei mari (dai micro frammenti fino alle famigerate isole di plastica).

La nuova norma impone anche di indicarne esplicitamente il prezzo sullo scontrino (da 1 a 3 centesimi: si pagavano anche prima dell'entrata in vigore della legge, ma non era specificato). Nei prossimi anni la percentuale minima di materia prima rinnovabile nelle buste dovrà salire al 50% (nel 2020) e poi al 60% (2021).

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